Il weekend dell’Immacolata è ormai passato, e siamo ufficialmente entrati nelle feste natalizie: ci giriamo per le vie dei paesi e delle città, e siamo circondati da insegne luminose, vetrine addobbate, fiocchi dorati e rossi, babbi natale che ci salutano…
Ma forse la vera magia del Natale riusciamo a trovarla solo nella nostra intimità: e cosa rappresenta di più la grande festa dicembrina, tra le mura di casa propria, se non il presepe?
Ci sono dei villaggi, borghi caratteristici che punteggiano la Valle d’Aosta, che sono dei veri e propri presepi.
Andiamo a scoprirli!
Verrand, nel territorio di Pré-Saint-Didier, si adagia sul versante solatìo al di là della Dora, proprio a metà strada tra il comune famoso per le terme e l’affollata Courmayeur.
Case tipiche, tra pietra e legno, ed un occhio per la modernità, ma anche una bella cappella assai caratteristica: il borgo si lascia accarezzare dai prati che in inverno giacciono candidi della neve, mentre guardando verso nordovest la dolce sella del Col Checruit ammorbidisce il panorama.
Ed è proprio da questo lato che, incrociando lo sguardo con le belle case del borgo, nello spazio tra il Mont Chetif e la lunga dorsale che porta alla Testa d’Arp, lo scenario gode della sua completezza con la veduta possente del Monte Bianco e l’Aiguille Noire de Peuterey che si prolunga dinanzi alle svettanti guglie del massiccio.
Un angolo placido alle porte del regno del Re delle Alpi, ed un vero presepe con lo sfondo più spettacolare che si possa desiderare!
“Tra le acque“: è l’origine del nome di Introd, “Interaquas” oppure “Entre Eaux” in lingua francese: e sicuramente è il nome più appropriato per questo stupendo borgo sito proprio sulle alture tra la Dora di Rhêmes e il torrente Savara, alle porte di entrambe le vallate.
Un villaggio grande, rurale, con molte attrattive di notevole interesse: il massiccio e peculiare castello dei signori di Sarriod, datato anno 1260; “L’Ola”, meraviglioso cascinale in legno e muratura del XVI° secolo; la chiesa parrocchiale di San Paolo, anch’essa coeva de l’Ola e rimaneggiata nei secoli, vero fulcro del paese anche grazie allo slanciato campanile dominante i vigneti; la Maison Bruil, splendido esempio di architettura rurale tra le valli del Parco Nazionale Gran Paradiso ed oggi sede espositiva e centro cardine di eccellenze alimentari valdostane; il ponte a singola arcata, costruito durante la I^ Guerra Mondiale, a picco per più di 80 metri sopra le ruggenti acque della Dora di Rhêmes.
Oltre a tutto ciò però vogliamo soffermarci sul’armonia sinuosa dell’assetto urbano, presso cui tutto il paesaggio montano crea un anfiteatro ben godibile dai prati punteggiati da boschetti, i quali cingono questo borgo affascinante, sito proprio dove la valle centrale si appresta a sfociare nella Valdigne, e quindi cerniera tra l’agreste e industriosa Vallée figlia del capoluogo Aosta, e la più selvaggia, francofona e “di confine” alta Valle d’Aosta.
Un presepio fatto di eleganza architettonica, con uno sfondo aperto e vasto.
Le abbondanti nevicate dello scorso inverno si sono adagiate senza sosta sui tetti del piccolo scrigno alpestre di Nex, in Valsavarenche: coperte candide che avvolgevano nel silenzio questo borgo piccolo ma ricchissimo di bellezza, tra case assai tipiche, rascard, tetti in losa e rivestimenti in legno.
“Nex” sta a richiamare la cavità umida, posta accanto alla strada d’accesso, presso cui veniva fatta macerare la canapa, retaggio degli antichi commerci con il canavese.
Granai antichi e fienili, una chiesetta minuta ed essenziale, poche viuzze tra le case strette l’una all’altra, dove l’inverno gioca con l’intimità, immersi nel silenzio di questa valle selvaggia e naturale.
Un presepio casalingo, umile ma sincero: immaginate vivere quassù il Natale, ai piedi della costola morenica su cui sorge il villaggio, un tempo dedicata alla coltivazione dei cereali, nella più pura semplicità.
Il Monte Emilius e la Becca di Nona, Punta Garin, Pointe de la Pierre, ed un lenzuolo di brume sopra la plaine di Aosta…ma ecco che sbuca una luce, davanti ad una chiesetta e, tra le sinuosità della stradina, case sparse, silenti…
Il presepe prende forma nella sera invernale, e gioca con la scenografia: Vetan si palesa proprio così, quasi di colpo.
Un villaggio antico, sorto sui pascoli ai piedi di Punta Leyssé, dove la vastità del paesaggio canta la voce di un soprano solista al centro di un palcoscenico.
Quasi dirimpetto di Introd, ma più in quota, questa frazione del comune di Saint-Pierre è diventata negli anni meta di affezionati frequentatori, attratti dalla pace che si respira dal suo pulpito.
I tetti delle poche case sparse sono la cornice perfetta per contemplare questo presepio fatto di cime che accarezzano il cielo.
Sui solatii versanti della sponda destra idrografica della Val d’Ayas, nel suo centro, sorgono le frazioni sparse del comune di Ayas.
Tra tutte forse la più bella è Antagnod, ai piedi del Monte Zerbion ed in posizione dominante sulla valle, fino ad ammirare i ghiacciai del Monte Rosa.
Un campanile a cipolla, davvero caratteristico, circondato da bellissime case, staccionate, viuzze e rascard…
Un fascino quasi teutonico, arcaico e peculiare, dove si può fare incetta di vedute da cartolina: con la neve, durante le festività natalizie, diventa così il perfetto presepio da sogno, archetipo di paesino di montagna, tra cime scintillanti e case antiche.
Il silenzio galleggia nell’alba resa immobile dalla gelida mattina invernale: per trovare calore bisogna risalire i boschi fino alle ardite rocce del Monte Croce ed il Palon di Nana.
Blanchard è bellissima, e tutti gli escursionisti che si avviano da Saint-Jacques verso il vallone di Tzere, il vallone delle Cime Bianche o la classica salita al Pian di Verra passano a tributare il proprio sguardo sullo scorcio delle minute, pittoresche case che si aprono un varco nel bosco.
Un ponticello passa sopra il torrente di Verra, ed invita la visita a questo piccolo, appartato presepe alle porte della testata della Val d’Ayas: il silenzio invernale si abbraccia alle architetture rurali ma eleganti, dove possiamo immaginare di passare le feste natalizie con vera sincerità.
Cogne è il comune più esteso della Valle d’Aosta: il capoluogo dell’omonima valle domina un territorio che si spande per tutti i suoi valloni, comprendendo il glaciale e gigantesco versante est del Gran Paradiso.
Accanto alle tante, splendide case di cui è ricco il grande villaggio vi è il prato di Sant’Orso, una vera istituzione del luogo: 50 ettari che in inverno formano una piana candida e davvero peculiare nel panorama ammirabile attorno al comune.
Un turismo “classico”, familiare, che desidera vivere la magia del Natale in questo grande presepe panoramico: un caposaldo del turismo “lento” valdostano, seppur il bellissimo paese ha origini piemontesi.
Furono infatti pastori provenienti dal canavese e, in particolare, dalla Valle Soana, a creare il nucleo originario di Cogne. Molte tradizioni, molti idiomi della parlata, i piatti tipici, tutto richiama alle origini piemontesi.
Fino all’incirca al 1600 i cogneins, per assistere alla messa, dovevano dirigersi per un lungo sentiero fino all’antico nucleo di Crêt, fulcro della nascita di Cogne: con la neve ed il ghiaccio il disagio aumentava, e così decisero di costruire la bella chiesa di Sant’Orso.
Eppure, quasi per un caso strano, in patois franco-provenzale “Crêt” può significare anche “presepe” (“crest” in dialetto canavesano): un presepe fondato sulla storia antica di questo meraviglioso centro nel cuore del Parco Nazionale Gran Paradiso.
Dopo una notte di abbondanti nevicate, il solatìo comune sparso di Torgnon, in una stupenda conca – che quasi si palesa come un altopiano – punteggiata da varie frazioni, si apre alla nascita del nuovo giorno della Valtournenche.
E guardando dal capoluogo verso il Monte Roisettaz e la slanciata piramide del Gran Tournalin si scopre un pugno di casette timide, separate dal nucleo principale: Chaté.
Tra tutte le frazioni di Torgnon forse si tratta di quella meno evidente: giace dislocata, poco sotto il promontorio del Chatelard, e viene raggiunto da una stradina che muore proprio una volta raggiunto il paesello.
Non è toccata dagli impianti da sci, e solo i larici la cingono, come una muta processione della natura.
Ma nell’alba invernale, ammirando il paesaggio da Septumian, non si può non soffermarsi su questo presepe: un luogo che conforta la vista, prima di lasciarsi ammaliare dalle giogaie selvagge della sinistra idrografica della bassa Valtournenche.
Se da un lato Nex e Tignet sorgono, sopra il capoluogo della Valsavarenche Degioz, come un piccolo museo all’aria aperta, dall’altro le case del piccolo villaggio di Creton si riempiono di fascino rurale, alpigiano, contadino.
L’ombra abbraccia il paese, che si trova sulla sponda sinistra idrografica del torrente Savara, sotto alle incombenti vette del Monte Roletta e della Punta Bianca della Bioula.
Pochi turisti si soffermano sui borghi della Valsavarenche, più attratti dal suo – meritato – richiamo naturalistico.
Ma val la pena spendere momenti delle proprie giornate lassù per esplorare le piccole, preziose perle di bellezza di questi paeselli; e da un presepe quasi dimenticato come Creton, da cui il solco vallivo allungato e preciso della Valsavarenche ci mostra la candida mole del Mont Fallére sorretta dai bianchi pendii sopra Vetan, si può respirare l’aria fresca, selvaggia e sincera di un paese contadino.
Non potevamo concludere il nostro “viaggio virtuale” tra i borghi-presepi della Valle d’Aosta se non presso la bella Courmayeur: la “capitale del Monte Bianco“, ed ultimo importante centro della Vallée prima di dirigersi verso la Francia.
Una cittadina, adagiata in una conca stupenda, che nonostante i vezzi da rinomato centro turistico a livello internazionale, conserva l’anima pura di villaggio rurale valdostano.
L‘abbè Henry, storico prelato, botanico ed alpinista della Valle d’Aosta di cui ne narrò le origini storiche e culturali con pubblicazioni di primo rilievo, racconta di fondate ipotesi secondo cui Courmayeur deriverebbe dal latino “Culmen majus”, ovvero “grande cima”, riferito alla sua vicinanza con il Monte Bianco. Sottolinea anche inoltre come “Curia majori”, altra variante in latino del nome originario della località, potrebbe derivare da un errata trascrizione medioevale di “Curtis mayor”, che significa “fattoria maggiore”.
Lo storico etnologo e principale cultore della storia valdostana e delle tradizioni alpine, Jules Brocherel, si appoggia a sua volta a quest’ultima ipotesi con l’idioma “Cortem Majorem”; altri studiosi evidenziano come nel toponimo in patois “Croméyeui” o anche “Corméyaou” si trova la radice preromana “korm“, assai diffusa nelle alpi (come nella “Croix Courma” a Perloz, o nella “Colma di Mombarone” nel vicino Biellese, solo per citarne alcune).
Ma, oltre a tutto ciò, invitiamo gli osservatori attenti ad indugiare sui prati innevati dietro la bellissima chiesa parrocchiale di San Pantaleone, ed osservare il grande villaggio da una prospettiva diversa: troveranno un presepio elegante, ordinato, ben incastonato nella conca tra meravigliose ed alte montagne, dove lo spirito del natale si sofferma negli occhi di chi sa guardare con animo sincero.
Scoprite tutti questi borghi scrutando nel nostro archivio – ed anche nei nostri vecchi articoli del blog, come tra i “5 villaggi più innevati della Valle d’Aosta” – per trovare lo spirito del natale più autentico e sincero.
Buone Feste!