Foto di Alexis Courthoud

Il Natale in Valle d’Aosta è, come in tutte le regioni della nostra Italia, un momento di festa che rimanda a tradizioni antiche; la convivialità si sposa con quella ricerca interiore del contatto con una natura che si fa rituale, atavica reminescenza dei riti pagani e pre-cristiani che da millenni le nostre genti vivono nei giorni celebrativi del solstizio d’inverno.
Miti, leggende, specialità del territorio, tra un dolce e uno sguardo alle notti d’aria limpida e fredda…
Dipingiamo assieme un piccolo quadro natalizio della Valle d’Aosta con 4 storie: due leggende e due piatti tipici!

Foto di Marco Monticone

La leggenda del Derbè di Cogne
Un tempo, per i viandanti nottambuli che vagavano tra Crétaz ed il bosco di Valnontey, era facile incontrare sulla propria strada uno strano derbè (l’abete fronzuto), apparentemente identico ad altri, se non che era privo di radici e poteva spostarsi da un luogo all’altro, quasi a voler inseguire furtivo gli escursionisti.
Era innocuo, ma seguiva con insistenza i passanti e si palesava a guisa di scorta per i meno coraggiosi; sempre però si trovava pronto ad ascoltare pettegolezzi e segreti…

Foto di Marco Monticone

Quando i viandanti sostavano all’osteria di Cogne, anch’egli li seguiva fino alle porte del paese, e non c’era verso di toglierselo di torno: appiccicato alla gente come la coscienza.
Qualcuno, una volta, si sentì infastidito da questa stramba presenza…ed una notte un viandante, armatosi di fucile, gli sparò contro: il derbè, ferito, si ritrasse nell’ombra e non si fece rivedere mai più.
L’indomani del misfatto però un evento strano colpì la curiosità dei cogneins: chi si recò casualmente presso la casa parrocchiale, trovò il parroco a letto, con una gamba fasciata, e mai vi fu modo di estorcergli come ebbe avuto modo di ferirsi…
Forse è per questo che gli abitanti di Cogne, ogni anno per Natale, preparano a festa un meraviglioso abete presso la piazza del villaggio.

Foto di Marco Monticone

Il pane di Natale di Ayas
Sera di vigilia di Natale, con le campane della chiesa a suonare allegre per radunare, in questa notte speciale, i fedeli.
Dal borgo di Magnéaz uomini e donne uscivano dalle case per dirigersi ad Ayas, e tra di esse la giovane Rosa che, sbrigate le faccende, si diresse per una breve scorciatoia verso il centro del paese passando da un vecchio mulino abbandonato, teatro di leggende di streghe, diavoli e fantasmi.
Rosa però era una donna forte, non temeva nulla poichè la sua coscienza era posto; ma giunta nei pressi del mulino bisbigliò sommessamente qualche preghiera per le anime dei purganti.
D’un tratto comparve dinanzi a lei un serpente: non assomigliava a nessun rettile che la giovane ayassina aveva visto, e l’animale si rizzò dritto a sbarrarle la strada sul sentiero.

Foto di Gaetano Madonia

La giovane pareva sapere esattamente cosa fare, e disse alla serpe con voce ferma: “se sei dalla parte di Dio, anima in pena, parla: poi fatti da parte e lascia ch’io passi”.
“Cerco la pace, Rosa, abbi pietà di me…”, le rispose il serpente.
“Dimmi dunque come posso aiutarti a raggiungere la pace”, replicò Rosa, e lui: “quando distribuiranno in chiesa il pane benedetto, serbane un piccolo pezzo per me. Passa da qui al ritorno e porgimelo ch’io possa nutrirmi, che invita lo sprecai con leggerezza. Ti aspetterò nello stesso punto e, ti assicuro, sarai ben ricompensata del tuo coraggio e bontà!”.
“Farò quello che mi hai chiesto” – gli rispose la giovane – “ma non mi aspetto ricorrenza alcuna.”
Detto così la serpe si scostò lasciandole il passo, e Rosa proseguì alla chiesa.
Durante la celebrazione di Natale distribuirono il pane e, come da accordo, Rosa ne tenne un pezzo dentro il fazzoletto; uscì da messa e trovò il serpente che l’aspettava sulla strada del vecchio mulino.
Gettò così il pane nella sua bocca spalancata ed accadde un prodigio: il rettile abbandonò le squame, mutandosi in una bianca colomba che si librò in cielo. Erano le sembianze in cui l’anima espiava la sua pena.
Rosa rincasò a cuore leggero, e trascorse un felicissimo Natale, amata dai suoi cari.
Ed ebbe anche una ricompensa, come promesso: la vita fu generosa con lei, donandole salute, gioia, un fedele marito e…due dozzine di robusti figlioli!

Foto di Francesco Sisti

Il bodeun della Valle d’Aosta
Classificato tra le specialità gastronomiche nazionali, il “bodeun” o “boudin” è una peculiarità della Vallée, e si tratta di un insaccato classificabile come “salame di patate”, tipico della tradizione un pò in tutto il territorio valdostano.
Appartiene alla categoria dei sanguinacci e si può preparare in diverse varianti in base alla zona di provenienza; tutti comunque rigorosamente insaccati in budello naturale.
La ricetta originale prevede sangue di maiale, che gli conferisce il tipico colore rosso scuro: la parola “boudin” in francese significa proprio “sanguinaccio“. Vi si aggiungono spezie, erbe aromatiche, patate lesse, lardo e pancetta di maiale, e spesso anche vino.
Se li trovate di color fucsia allora al posto del sangue si usa la barbabietola rossa.
In una regione montuosa come la Valle d’Aosta, dal clima piuttosto rigido per buona parte dell’anno e la conseguente poca abbondanza e disponibilità di carne, il bodeun comparve proprio per sopperire a questa carenza, essendo un alimento particolarmente ricco e nutriente, realizzato con materie prime di scarto e sopratutto conservabile.
I bodeun subiscono una breve stagionatura, di poche settimane, potendo così conferire al prodotto un delicato sapore aromatico, equilibrato nonostante i diversi ingredienti.
Un piatto semplice ma davvero gustoso per assaporare il bodeun, magari proprio come seconda portata del pranzo natalizio, consiste nel servirlo cotto al forno, ben infilzato da stuzzicadenti per lasciarvi fluire all’interno gli aromi, adagiato su un letto di patate rosse valdostane cotte anch’esse al forno.
Bastano 15-20 minuti e…il piatto è servito!

Foto di Francesco Sisti

…e per finire, il dolce: la piata di Issogne
La piata, che si può trovare in verità sia dolce che salata, è legata ad Assunto Dublanc (Arnad 1931- Issogne 1999), originario di Les Mariettes di Issogne, ed è frutto di una bella intuizione che si congiunge con la storia.
La sua famiglia, come le altre, venivano al forno comune per cuocere il pane nero per l’uso domestico, arricchendolo con burro, zucchero e frutta o con verdura e salumi. Quando con il passare degli anni il forno non venne più utilizzato, Assunto decise di produrre del pane per la vendita: l’idea non fu quella di realizzare del pane comune, ma qualcosa di originale pur ispirato alla tradizione locale. Restava infatti colpito da alcune persone che, quando venivano al forno, integravano il pane con alimenti nell’impasto o semplicemente adagiati sopra. A volte l’impasto era dolce, con zucchero e uvetta, e tutto era a base di farina di frumento integrale. Si usava mescolare anche salumi, ortaggi e spezie, producendo pane salato.

Dopo varie prove, Assunto Dublanc ottenne il prodotto che cercava, ovvero la piata dolce e la piata salata..
La prima, su cui ci concentriamo, conteneva nell’impasto tanto burro, uvetta e noci, mentre sulla superficie posava mele e una glassa di zucchero.
Quella dolce, rispetto a quella analoga che si produce oggi era più sottile e conteneva più burro, oltre ad essere rettangolare e non ovale; un alimento direttamente figlio della tradizione, che deve proprio alla sua forma “appiattita” il nome che possiede.
Da allora questo delizioso dolce si conosce con il nome di piata di Issogne; può essere inteso come vero e proprio “pandolce valdostano”, servito anche come dessert nel pranzo di Natale: ottimo se tagliato a bastoncini immersi in una bella coppa di panna montata!

Foto di Francesco Sisti

Queste 4 storie, tra leggenda e tradizione, miti antichi e piatti tipici, vogliono solo essere un “assaggio” per addentrarci nella selva di tradizione che serba in sè la Vallée…magari da leggere durante le placide serate di festa.
Il Natale celebra la nuova luce, proprio all’inizio dell’inverno: nella neve che ammanta le nostre vallate ed abbraccia i paesi, diamo uno sguardo alla ricchezza culturale che ci circonda. Questa può darci delle risposte agli antichi rituali che viviamo durante questa sentita festività, la quale ci avvicina un pò tutti, nel frugale piacere dello stare insieme.

Buon Natale a tutti da AOSTA PANORAMICA! E…arrivederci in Valle d’Aosta!